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Oh Dio ca fusse ciaola

CONCERTO DELL’ENSEMBLE CHOMINCIAMENTO DI GIOIA CON STRUMENTI ANTICHI E VOCE
Potenza, Museo Archeologico Provinciale, 30 novembre 2013, ore 19:00

PROGRAMMA

Che sia malditta l’acqua, Anonimo    secolo XVI    
Oh vecchia tu che guardi, Anonimo    secolo XVI    
Gagliarda del principe di Venosa, C.Gesualdo da Venosa    1566 - 1613    
La morte di marito, Anonimo    secolo XVI    
Boccuccia de nu pierzeco, Velardiniello (?)    secolo XVI    
Ballo dell’intorcia, Antonio Valente    1520 - 1601    
Vurria addeventare, Gianleonardo dell’Arpa(?)    1525 - 1602    
Tutte le vecchie so’ maleciose, G.Thomaso Di Majo    1490 - 1548?    
Gagliarda napoletana, Antonio Valente    1520 -  1601    
Madonna tu mi fai lo scorrucciato, Anonimo    secolo XVI    
Oh Lucia, Orlando di Lasso    1532 - 1594    
La cortesia voi donne predicate, Orlando di Lasso    1532 - 1594    
Tarantella Neapoli, Anonimo da A.Kircher    secolo XVII    
Villanella ch’all’acqua vai, Anonimo    secolo XVI    
Janni dell’uorto (villanella), Anonimo    secolo XVI


Chominciamento di gioia

Antonella Tatulli, canto, castagnette
Elisabetta Di Filippo, salterio, percussioni
Olga Ercoli, arpa doppia
Luigi Lupo, flauti dritti e traversi, cromorno
Luigi Polsini, viola da gamba
Gianfranco Russo, viola da braccio, cromorno, chitarra alla spagnola
Cipriana Smarandescu, spinetta


Oh Dio ca fusse ciaola
Metamorfosi, metafore e travestimenti, tra colto e popolare, nelle villanelle della Napoli rinascimentale sotto il dominio spagnolo

Nella primavera del 1503 le truppe di Ferdinando il Cattolico consegnarono Napoli, una delle più vitali capitali europee del Rinascimento al dominio spagnolo. La vivacità culturale del temperamento partenopeo, accanto ai modelli umanistici proposti nel resto d’Italia, amava esprimersi nelle forme improvvisate e disorganizzate della festa e del carnevale, della danza, del canto e dei gesti del teatro di strada. Da queste premesse Napoli sviluppò nel ‘500 un genere musicale originale che ebbe grande fortuna in tutt’Italia: la Canzone Villanesca o Villanella alla Napoletana, di cui nel 1537 si pubblicò la prima raccolta a stampa. L’etimologia, deriva da villano: rozzo, incolto. In apparenza, quindi, non si tratta di opere di stile raffinato, ma di composizioni che si vogliono originate dalla rustica e pepata verve popolare. In verità le tecniche compositive, si sforzavano, non senza affettazione, di scimmiottare una ipotetica insipienza delle regole musicali, soprattutto quando la mano dell’autore era quella dei più ricercati musicisti dell’epoca come, ad esempio, Orlando di Lasso. La Villanella nasce cantata al suono dei soli tamburelli e delle nacchere (ne resta traccia nella tammurriata), per poi trasformarsi in espressione melodica accompagnata dal colascione, dal liuto, dalle tiorbe, chitarriglie e altri strumenti, sviluppando due modelli distinti: il primo plebeo e scurrile a forte contenuto sociale, il secondo più cortese e sentimentale.  I testi, in un napoletano a bella posta popolaresco -che soprattutto nelle moresche abbonda di quel “parlare chiatto” superbamente adoperato dal Basile nel secolo successivo-,  usano il vernacolo anche come forma di identità culturale delle genti partenopee nei confronti del dominio spagnolo; in questo significato ideale, con le liriche che, in qualche caso, celavano doppi sensi politici, si riconoscevano un po’ tutte le classi. La cosa dovette sembrare evidente al Viceré Pedro da Toledo che ordinò la chiusura dell’Accademia fondata dal Marchese Della Terza, mecenate e protettore di Orlando Di Lasso, nata “per raccogliere, studiare ed eseguire le Canzoni Villanesche alla Napolitana”. La Villanella con la sua ostentata semplicità, descrive la vita dei quartieri di Napoli attraverso metafore, proverbi, doppi sensi erotici ed espressioni onomatopeiche. In molti canti è caratteristico l’uso, mutuato dalla favolistica, della trasformazione dall’umano al non-umano (animale o inanimato) per conquistare l’oggetto desiderato e poi ritornare alla condizione originaria una volta raggiunto il risultato. La bellezza melodica si accosta all’incantamento del continuo gioco di travestimenti, simbolismi e linguaggio cifrato del testo, rendendo la Villanella uno dei generi più originali e seducenti della musica del Rinascimento. Le strutture musicali erano basate su moduli che potevano essere assimilati alle composizioni degli autori di origine popolare, come le figure tra mito e leggenda di Sbruffapappa, Velardiniello o Masto Ruggero, e a quelle degli autori più titolati quali Gian Domenico il Giovane da Nola, Giovan Leonardo Primavera e lo stesso Orlando Di Lasso. Nonostante la fortuna che questa forma musicale ebbe anche fuori dai confini della sua città natale, con adepti tra i più rinomati musicisti del resto d’Italia, vogliamo circoscrivere la nostra attenzione alle Villanelle che videro la luce a Napoli e che più genuinamente ne rappresentino l’essenza. A cura della prof.ssa Antonella Tatulli.

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